Nairo, il bambino che credeva d’esser morto…

Questa è la storia di un bambino che credeva di essere morto.

Nato da un’umile famiglia di Combìta, a 150 chilometri da Bogotà e quasi 3000 metri di quota, da un padre contadino ed una madre che per sbarcare il lunario vendeva gli ortaggi che il marito coltivava. Una gravidanza molto desiderata da papà Luis e mamma Eloisa, estremamente credenti, che a Dio chiedevano un maschietto. Arrivò lui, chiamato Nairo in onore di un “grande atleta sudamericano di cui la madre lesse su un giornale”, atleta di cui, però, non esiste alcun riscontro…

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Nato, ma morto. Il paradosso di Nairo Alexander Quintana Rojas, un bambino fortemente voluto dai suoi cari, ma venuto al mondo con una rarissima malattia, la sindrome di Cotard o “malattia dell’uomo morto”, leggendariamente trasmessa al nascituro quando la madre viene toccata da qualcuno che abbia da poco avuto contatti con un defunto, un rarissimo disturbo psichiatrico che porta chi ne è affetto ad un allontanamento dalla realtà tale da convincersi di essere morto, a questo disturbo si affiancò una grave forma di diarrea cronica contro la quale la madre non aveva che erbe e altri rimedi naturali. Lo davano per sconfitto dalla malattia entro i primi tre anni di vita.

Nairo ne esce alla grande, inizia a studiare e a pedalare, secondo alcuni la bici era l’unico mezzo di trasporto con cui raggiungere la scuola, situata a diversi chilometri da casa. Tutti i giorni, sotto il sole o con la pioggia, un quotidiano arrampicarsi sulla collina di Concepciòn, sulla quale anche le automobili dovevano scalare marcia per poter proseguire.

Dalle necessità alle competizioni, Nairo inizia a correre (e vincere) gare locali, 50 pesos il premio di volta in volta investito per comprare nuovi componenti per la sua mountain bike estremamente economica, ma sufficiente per fargli mostrare il suo valore. Il talento era molto e nel 2005 il padre decide di investire 370.000 pesos per acquistargli una vera bici da corsa di seconda mano, una bici azzurra con un adesivo giallo “Giant” sul tubolare, ma che nulla aveva a che fare con il noto marchio.

14401779278509.jpgQuella finta Giant diventa il mezzo per la prima grande sfida di Nairo: un duello organizzato da un amico dei Quintana, tale Belarmino Rojas, che scommettendo denaro pone davanti ad un Nairo di 10 anni un promettente quindicenne, John Pistolas Guzman, pupillo di Rusbel Achangua (che presto diventerà il primo tecnico di Nairo), che si presenta in partenza con un completino di licra che lo faceva sembrare  un professionista, Nairo invece sembrava più un calciatore, con la sua maglietta rammendata e le scarpe da corsa.

Una ripidissima salita ed una lunga discesa, 36 km in totale. Seguiti da Belarmino, Achangua e dai genitori, tutti a bordo di una Renault 18 borbottante, i due partono. Alle prime rampe (12%) Nairo attacca e John cede impotente. L’automobile decide di seguire il piccolo Quintana. Giunti al traguardo il padre dello sfidante, Juan Pistolas, guarda con insistenza nello specchietto sperando di scorgere la sagoma di suo figlio, ma John è ancora ad 8 km ed il traguardo lo raggiungerà solo in automobile. “Negli ultimi giorni è stato poco bene” dice Juan Pistolas per giustificare la debacle “mio figlio lo batterebbe ad occhi chiusi”. Oggi John Pistolas è un poliziotto e lavora poco distante dalle strade della sfida… 

Belarmino ricava 400.000 pesos (120€) dalla scommessa, 50.000 dei quali li spende per comprare a Nairo il suo primo casco. Per Nairo diventerà “El Padrino”.

Nulla di facile per lui, da quando a 16 anni perde conoscenza pedalando verso casa, o quando a 18 viene investito da un taxi finendo in coma per cinque giorni risvegliandosi solo dopo un pellegrinaggio dei suoi cari presso un vicino santuario.

Difficilissimo anche l’approdo nella civilissima Europa, con un Tour de l’Avenir del 2010 vinto di rabbia, in faccia a quelli che lo insultavano a suon di “fucking indian” ironizzando sul colore della sua pelle.

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“Trabajo, sudor y lagrimas” fino al 2014, l’anno della consacrazione, l’anno del primo latinoamericano ad imporsi in un Giro d’Italia, nel 2015 un secondo posto al Tour de France (già ottenuto nel 2013) e per il futuro un solo grande obiettivo: la maglia gialla a Parigi.

Non male per il bambino che nacque con la convinzione d’esser morto.

 

P.B.©

 

Fonti:

  • www.elmundo.es
  • www.independent.co.uk

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